
A conti fatti, secondo le stime di Confindustria, si parlerebbe di circa 40 mila partecipazioni delle amministrazioni pubbliche presso 8.000 organismi esterni, cifre queste ultime che costituiscono un vero sproposito, specie in un periodo in cui il Paese non è in grado di farsene carico.
In base a quanto sostenuto dall'associazione degli industriali "Gran parte di questi organismi sono nati, a livello locale, per aggirare i vincoli di finanza pubblica, in particolare il patto di stabilità interno, e come strumento per mantenere il consenso politico attraverso l'elargizione di posti di lavoro". Afferma, la stessa Confindustria, che "sarebbe prioritario dismettere gli enti o comunque azzerare i costi per le pubbliche amministrazioni di quegli organismi che non producono servizi di interesse generale.
In effetti, sempre stando alle stime riportate dall'associazione, sarebbero oltre la metà gli organismi che mostrano di svolgere attività lontane dal pubblico interesse, per un esborso di denaro pubblico pari a circa 11 miliardi di euro. Mentre costa allo Stato circa 23 miliardi di euro il totale delle 40 mila partecipazioni in organismi esterni a opera delle amministrazioni pubbliche.
Sostiene, ancora, Confindustria che non tutti gli organismi sono nati con la finalità di aggirare i vincoli di finanza pubblica e il patto di stabilità interno, ma è pur vero che destano un ragionevole sospetto l'intensità e la modalità di sviluppo di tale fenomeno nell'ultimo periodo.
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